Sestiere San Marco di Venezia: leggende, storie e racconti

Le leggende del sestiere San Marco di Venezia: storie e racconti per immergersi nel cuore della città. Fantasmi, magia e un pizzico di realtà.

Il sestiere di San Marco è il cuore di Venezia. La sua piazza e la Basilica di San Marco sono ormai i simboli della città conosciuti in tutto il mondo e tappe obbligatorie di un viaggio alla scoperta del capoluogo lagunare.
Leggende del sestiere San Marco
Come gli altri sestieri, anche questo non è fatto di sole calli, monumenti e palazzi eleganti, ma anche di racconti tramandati di bocca in bocca e che, con il passare del tempo, si sono arricchiti di particolari.
Vi porto alla scoperta delle leggende del sestiere San Marco: storie a metà tra la realtà e la finzione, fantasmi, magia e un po’ di mistero.

Il povero fornaio di San Marco
Come vi ho raccontato quando ho condiviso con voi le leggende del sestiere di Santa Croce, pare che il Cinquecento non fosse un secolo d’oro per i poveri abitanti di Venezia. In città, infatti, crimini e sparizioni erano all’ordine del giorno e questa storia sembra dare un’ulteriore conferma.
Nel 1507 il fornaio Piero Tasca, mentre camminava per strada, trovò un nobile che era stato pugnalato a morte e cercò di soccorrerlo sporcandosi di sangue.
Quando denunciò il ritrovamento, nonostante fosse innocente, diventò il primo sospettato. In assenza di altre prove, le guardie lo arrestarono con l’accusa di omicidio. Le torture furono così terribili che l’uomo dovette confessare un crimine non commesso e fu giustiziato in Piazza San Marco pochi giorni dopo.
A distanza di qualche settimana, un altro uomo morì, non si sa se per cause naturali o per suicidio, e nel suo testamento si trovò una confessione: era lui, in realtà, l’omicida del nobile.

Da quel giorno, ogni notte, tra gli archi della Basilica di San Marco, vennero accesi due lumini in memoria del povero Piero. In più, il segretario del Consiglio dei Dieci, l’organo giurisdizionale della Serenissima, iniziò ad avvertire i consiglieri prima di ogni sentenza: “Recordève del poaro fornareto“, “Ricordatevi del povero fornaio”.
Un monito per evitare condanne ingiuste e per tenere a mente che, a volte, le confessioni non erano altro che bugie dette per smettere di soffrire.
Anche se la storia è estremamente realistica, in realtà pare si tratti di una leggenda che la città ha tramandato all’epoca della Serenissima come emblema di un governo giusto, saggio e capace di ammettere i propri errori.

La madonna con la scarpa dorata
La Basilica di San Marco, prima di essere un luogo turistico, è un luogo di culto. Per secoli i veneziani sono venuti qui a pregare per loro stessi, per i loro cari e per condizioni di vita migliori.

La Cappella Zen, realizzata nel Sedicesimo secolo, ha al suo interno una scultura in bronzo che raffigura la Madonna con il Bambino e in molti si recavano qui alla ricerca di un po’ di aiuto da parte della Vergine.
Secondo la leggenda, un giorno, un uomo disperato, arrivò qui e donò a Maria l’unica cosa che gli era rimasta: un paio di scarpe vecchie e logore. Non appena le infilò ai piedi della statua, però, queste diventarono d’oro.
Oggi una di quelle scarpe è ancora lì, ma quella destra è scomparsa: sembra sia miracolosamente caduta tra mani di una donna, ormai ridotta in povertà e senza lavoro, che supplicava la Vergine di riuscire a uscire dalla miseria
All’interno della Basilica non è possibile fare fotografie.

La colonna mancante
Lasciandosi alle spalle la Basilica e guardando verso la Laguna, si vedranno svettare verso il cielo due colonne. Entrambe arrivarono qui da Costantinopoli, una è dedicata a San Marco e l’altra a San Teodoro, patrono di Venezia prima di lui.
Si racconta che, inizialmente, sulla nave proveniente dalla Turchia le colonne fossero tre. Una volta giunte a Venezia nel settembre 1172, però, la terza cadde in acqua e non fu più recuperata.

Se da una parte c’è chi crede alla sua presenza su quella nave, dall’altra c’è chi pensa che non sia mai esistita. Non solo, altri ancora sono convinti che arrivò a terra sana e salva, ma fu utilizzata per altri scopi decorativi, in modo da non ostruire il passaggio delle merci da Piazza San Marco alle imbarcazioni attraccate lungo la Riva.
Di recente un gruppo di archeologi, geologi e ricercatori ha avviato il Progetto Aurora per andare alla ricerca di questa colonna nei fondali della Laguna. Chissà se verrà mai ritrovata.

Gli orologiai dell’Orologio di Piazza San Marco
Era il 1493 e la Signoria veneziana decise di far costruire un nuovo e magnifico orologio da porre a due passi dalla maestosa Basilica. Commissionò l’oggetto a Giancarlo e Gianpaolo Ranieri, padre e figlio, abili artigiani di Reggio Emilia.

Terminato il lavoro, i committenti rimasero così stupiti dallo splendore dell’opera che decisero che nessun altro al mondo avrebbe dovuto avere un gioiello così prezioso. Per evitare che ciò accadesse, si racconta che accecarono i due uomini affinché non potessero ricostruirne altri simili. Nessuno sa con certezza se si tratti di leggenda o realtà.

Il fantasma di Palazzo Grassi
C’è una storia di fantasmi che è legata a uno dei palazzi di sestiere San Marco affacciati sul Canal Grande: si tratta di Palazzo Grassi a San Samuele, oggi museo d’arte e location per numerosi eventi e mostre temporanee.
Si racconta che un giorno tra le sue sale si sia consumato uno stupro e che la giovane donna, spaventata e sconvolta, per scappare dai suoi aguzzini, si lanciò da uno dei balconi della corte interna e morì sul colpo.
Sembra che il suo spirito non se ne sia mai andato e che oggi sussurri spesso nelle orecchie delle persone pronunciando il loro stesso nome.
Una delle storie più incredibili legate a questo fantasma, però, risale agli anni Ottanta. Secondo quanto si racconta, durante un normale controllo, uno dei guardiani notturni di Palazzo Grassi sentì che una voce femminile lo stava chiamando.
L’uomo, che camminava al buio perché conosceva le sale come il palmo della sua mano, si immobilizzò spaventato e accese la torcia. A due passi da lui c’era un pericolosissimo buco sul pavimento che gli operai addetti ai lavori di restauro avevano fatto durante il pomeriggio.
Il fantasma di Palazzo Grassi gli salvò la vita.

L’uomo con la pipa e il diavolo
Un tempo viveva a Venezia un uomo di umili origini di nome Biagio. Non aveva un lavoro stabile, ma si guadagnava da vivere aiutando chiunque avesse bisogno di due mani in più e, nell’area di Rialto, dove era solito sostare, i suoi servigi erano richiesti spesso.
Tra un ingaggio e l’altro aspettava fumando la pipa appoggiato alle colonne di Palazzo Loredan, un elegante edificio affacciato sul Canal Grande oggi sede del Comune di Venezia.

Una sera, poco dopo il tramonto, si trovava proprio in quel punto quando sotto una gondola che passava di lì l’acqua cominciò a diventare rossa. All’improvviso, dal fondo del Canale, comparvero due braccia nere, quelle del diavolo, che afferrarono l’imbarcazione e tentarono di affondarla.
Tutti scapparono, compreso il gondoliere che si tuffò per raggiungere la sponda a nuoto abbandonando, però, i suoi passeggeri: due bambine appartenenti alla famiglia Gradenigo immobilizzate dalla paura.

Biagio, resosi conto di loro, gettò la pipa e offrì la sua anima al demonio affinché risparmiasse le due piccole. Il diavolo, però, rise di fronte a quella scena e lanciò una sfida impossibile all’uomo: per salvarle avrebbe dovuto abbracciare il mondo intero con le sue braccia.
In quel momento comparve una schiera di angeli e, per miracolo, le braccia del povero Biagio si staccarono dal suo corpo senza alcun dolore, andarono verso il cielo e abbracciarono la Terra. Il diavolo fu sconfitto e lasciò libere le anime di Biagio e delle due bambine.
Per ricordare il coraggio di Biagio, sulla seconda colonna da sinistra di Palazzo Loredan è stata fatta un’incisione che raffigura un uomo senza braccia e con una lunga pipa in bocca.

La vecchia con il mortaio
A due passi dalla Basilica di San Marco, appena prima di entrare in piazza dall’arco dell’Orologio, c’è un dettaglio curioso che notano in pochi, perché per vederlo bisogna guardare verso l’alto. Si tratta di un altorilievo che raffigura un’anziana donna con un mortaio. A Venezia è chiamata la “vecia del Morter” e la sua storia è strettamente legata a quella della Repubblica di Venezia.
Tra la fine del Tredicesimo e l’inizio del Quattordicesimo secolo le famiglie patrizie e quelle borghesi, che si erano arricchite velocemente grazie al commercio, iniziarono una lotta politica per la salita al potere.
Quando Pietro Gradenigo, esponente della parte aristocratica, divenne Doge, gli avversari, che puntavano all’elezione di Jacopo Tiepolo, tentarono di assaltare Palazzo Ducale.
La schiera di rivoltosi stava per entrare in Piazza San Marco quando, all’improvviso, un’anziana signora lanciò il suo mortaio dalla finestra colpendo alla testa l’alfiere di Bajamonte Tiepolo, che capeggiava la rivolta. Tra gli insorti iniziò lo scompiglio, molti si diedero alla fuga, quelli rimasti vennero sconfitti dall’esercito del Doge.
Alcuni dicono sia accaduto davvero, secondo altri è una leggenda, ma, in ogni caso, l’altorilievo c’è e porta la data 15 giugno 1310.

I Tetrarchi di Palazzo Ducale
Vicino alla Porta della Carta di Palazzo Ducale, quella a lato della Basilica di San Marco, c’è una famosissima scultura: il Monumento ai Tetrarchi.
Realizzato in porfido rosso veneziano, rappresenterebbe l’unione dell’Impero Romano d’Oriente con quello di Occidente, ma la leggenda racconta un’altra storia.
Secondo i veneziani, infatti, la scultura raffigurerebbe quattro ladroni che, sorpresi dallo spirito di San Marco mentre cercavano di rubare il suo tesoro all’interno della Basilica, furono immediatamente pietrificati e murati proprio nell’angolo esterno della Sala del Tesoro.

La testa di Corte del Teatro
Venezia è piena di corti, nascoste dietro i palazzi, che passano inosservate. Corte del Teatro è una di queste e, in più, ha una storia da raccontare.
Pare che qui, un tempo, vivesse un’anziana signora incredibilmente avara che era solita nascondere i suoi soldi all’interno della fodera di un vecchio cappotto che non veniva utilizzato da anni. Un giorno d’inverno il figlio della donna trovò sotto casa un senzatetto che stava morendo di freddo e, ricordatosi del cappotto, ma ignaro del nascondiglio, andò a prenderlo e lo donò al mendicante.
Quando la madre tornò in soffitta per nascondere altri soldi non trovò il cappotto e quando chiese spiegazioni al figlio lui le disse ciò che era successo. Allora lei gli raccontò del suo “tesoro” e gli ordinò di riprenderlo promettendogli di lasciargli ogni centesimo in eredità.

Dopo giorni di ricerche, l’uomo ritrovò il mendicante e, dopo avergli offerto in cambio un cappotto più caldo, riuscì a ottenere indietro quello con i soldi nascosti.
Dopo che la madre morì e lui ebbe ottenuto tutti i soldi, aprì una farmacia (che chiamò “Della Vecchia”) e vi fece mettere una statua dedicata alla madre nel retro. Quella statua non esiste più e di lei è rimasta solo la testa, esposta ancora oggi in Corte del Teatro.
Nessuno sa se sia una leggenda oppure no, ma una farmacia con quel nome esiste ancora oggi, la potete trovare al civico 4598 del sestiere San Marco, a due passi da Corte del Teatro.

Il fantasma di Giordano Bruno
Tra i fantasmi del sestiere San Marco (tra i quali c’è anche quello dell’altissimo campanaro del quale vi ho parlato in occasione delle leggende di Santa Croce) forse il più famoso è quello di Giordano Bruno.
Era il 1592 e il filosofo si trovava a Venezia ospite di Giovanni Mocenigo, esponente di una delle famiglie più potenti della Laguna, che gli aveva aperto le porte della sua casa, il Palazzo Mocenigo Ca’ Vecchia, affacciato sul Canal Grande, per apprendere le “arti magiche”.

Dopo mesi di lezioni e nessun miglioramento, il giovane Giovanni, frustrato, denunciò all’inquisizione il suo maestro e la sera del 23 maggio 1593 l’uomo fu arrestato. Dopo essere stato condotto a Roma, Giordano Bruno fu condannato al rogo e arso come eretico il 17 febbraio 1600.
Si racconta che, a causa di questo tradimento, ogni anno, il 17 febbraio, il fantasma del frate riappaia all’interno delle sale di Palazzo Mocenigo alla ricerca di Giovanni.

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Avendo sempre visitato Venezia in giornata non saprei indicarvi con esattezza un alloggio. Vi lascio però questa mappa* con tutte le offerte e le soluzioni aggiornate, sperando che riusciate a trovare quello che fa per voi.
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Media e mappa
Le immagini sono state scattate con un iPhone 6s* e una Canon 1100D*. Per vedere le altre potete sfogliare il mio album su Flickr.
Davide
Ciao Martina, non conoscevo affatto queste leggende, ma ne sono rimasto affascinato… Non puoi raccontarne altre?!
Martina Sgorlon
DavideCiao Davide! Sul blog ne trovi altre dedicate agli altri sestieri di Venezia, ma usciranno anche altri post più avanti 🙂 Felice che l’articolo ti sia piaciuto! ❤