Sestiere Santa Croce di Venezia: storie e leggende

Cinque storie e leggende del sestiere Santa Croce di Venezia. Racconti di misteri, gialli, fantasmi e antichi oggetti provenienti da luoghi lontani.
Camminando per il sestiere di Santa Croce di Venezia non si incrociano solo chiese, palazzi e campi, ma anche storie e misteri. Ve lo avevo anticipato quando ho condiviso l’itinerario per scoprirlo.
Leggende del sestiere Santa Croce
È inevitabile, ogni luogo ha i suoi racconti e Venezia non è da meno. Anzi, per il suo passato è forse una delle città venete più affascinanti da questo punto di vista. Vi porto a scoprire le storie e le leggende del sestiere Santa Croce di Venezia tra misteri, fantasmi e antichissime reliquie.

Il chiodo di Santa Croce
Questa leggenda dà il nome all’intero sestiere di Santa Croce e alla chiesa che si affacciava sul Canal Grande tra il Ponte degli Scalzi e il Ponte della Costituzione.
Una notte del 1262 arrivò a Venezia un pellegrino. Stanco dopo il lungo viaggio dalla Terra Santa, bussò alla porta del convento femminile annesso all’antica chiesa. Non cercava un alloggio, ma aveva il compito di lasciare in custodia due preziosi oggetti: un anello e un piccolo scrigno. Impose un’unica condizione: le suore avrebbero dovuto consegnare il cofanetto all’unica persona che indossava un anello identico a quello appena portato dal pellegrino. Prima o poi si sarebbe fatta viva.

Passarono trecento anni e nessuno si presentò alla porta per reclamare l’oggetto. Per questo, dopo un’alta marea eccezionale durante la quale lo scrigno rischiò di perdersi tra le acque della laguna, la badessa decise di aprirlo. Al suo interno c’era un chiodo della croce di Gesù e una pergamena che testimoniava la sua provenienza: era stato recuperato da re Luigi IX di Francia.
Probabilmente, il pellegrino non era altro che un cavaliere templare che aveva il compito di mettere in salvo la reliquia, ma nessuno scoprì perché la persona incaricata di recuperarlo non si presentò.
Oggi, dopo la distruzione della chiesa di Santa Croce, questo piccolo oggetto si trova nella chiesa di San Pantalon nel sestiere Dorsoduro.

Il fantasma del Samurai
Ca’ Pesaro ospita al terzo piano il Museo d’Arte Orientale della città di Venezia ed è stato realizzato grazie alla collezione del principe Enrico di Borbone. La maggior parte degli oggetti esposti risale al periodo Edo Giapponese (che va dal 1603 al 1868) e tra questi ci sono anche diverse armature appartenute ai samurai.
Si racconta che, da quando questi pezzi sono entrati tra le mura di Ca’ Pesaro, il fantasma di uno dei combattenti si aggiri per le stanze del palazzo con tanto di katana pronta per essere sguainata.
Se durante la visita avvertite strane presenze o l’impianto elettrico comincia a fare pazzie, sapete a chi dare la colpa.

Il mistero del prete assassino di San Zan Degolà
Alla chiesa di San Zan Degolà l’unico fatto realmente accaduto e documentato tra quelli elencati in questo post, ma non manca comunque un po’ di mistero.
Si racconta che il 21 novembre 1500 l’intera famiglia Morosini sia stata aggredita in casa. Il padre e il figlio di nove anni morirono immediatamente, la compagna, invece, fu ritrovata in gravissime condizioni.
Dopo indagini e interrogatori, si scoprì che l’ultima persona vista uscire viva da quella casa era il prete, padre Francesco. Infine, quando la donna si riprese, poco prima di morire, confermò l’identità dell’assassino: era stato proprio il sacerdote.
A lui spettò la stessa sorte del macellaio Biasio, ma nessuno seppe mai il motivo di un gesto così efferato. Secondo alcuni era stato il demonio ad agire attraverso di lui, secondo altri non poteva tollerare che un uomo della sua parrocchia avesse in casa il figlio illegittimo e la madre, una donna che non aveva sposato.

Il macellaio di Santa Croce
C’era una volta a Venezia un macellaio di nome Biasio Cargnio (probabilmente perché proveniente dalla Carnia). Il suo negozio, con annessa locanda, si trovava proprio nel sestiere di Santa Croce, non distante dalla chiesa di San Zan Degolà. Vendeva carni e salumi di ogni tipo, ma era noto soprattutto per il suo sguasseto: una specie di spezzatino preparato con interiora, carne ed erbe aromatiche che attirava clienti da tutta la città e non solo.

Venezia all’epoca viveva un momento buio fatto di sovraffollamento e criminalità e le sparizioni erano all’ordine del giorno. Quindi, quando poco dopo l’apertura della bottega il numero dei bambini scomparsi cominciò ad aumentare, nessuno sembrò farci troppo caso.
Un giorno, però, in uno dei famosi spezzatini di Biasio fu ritrovata una piccola falange. La perquisizione del negozio da parte delle autorità fu immediata e all’interno furono ritrovati i resti di moltissimi bambini. Il macellaio fu arrestato e, dopo avergli tagliato le mani, fu legato a dei cavalli e trascinato per le calli della città fino a Piazza San Marco, dove lo aspettava la condanna a morte.

Nessuno sa se questa storia ambientata nel Cinquecento è vera o se è stata creata solo per spaventare i bambini e impedire loro di allontanarsi troppo dai genitori, ma è entrata a far parte dei racconti della città e delle filastrocche più famose di Venezia.
Su la riva de Biasio l’altra sera
so andata col putelo a ciapar l’aria
ma se m’ha stretto el cuor a una maniera
che la mia testa ancora se savària:
me pareva che Biasio col cortelo
tagiasse a fete el caro mio putelo![Su Riva de Biasio l’altra sera
sono andata con il bambino a prendere un po’ d’aria
il cuore mi è stretto in un modo
che la mia testa ancora vaneggia:
mi pareva che Biasio con il coltello
tagliasse a fette il mio caro bambino]
La bottega fu distrutta, ma, ancora oggi, il luogo dove sorgeva il suo negozio è conosciuto come Riva de Biasio e sulla parete esterna della chiesta è stato posto un bassorilievo (come un monito a bambini e criminali) che si dice raffiguri il suo volto. In realtà, considerato il nome della chiesa, è più probabile che sia la testa mozzata di San Giovanni Battista.

Il campanaro di San Marco
Questa leggenda ottocentesca attraversa tre sestieri di Venezia, ma voi potrete vederla da vicino solo a Santa Croce ed è per questo che la inserisco in questo post.
Un tempo, nel sestiere Castello, non lontano dalla Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, viveva un uomo altissimo che superava i due metri. Considerata la sua stazza, fu incaricato di suonare le campane di Piazza San Marco ed è per questo che, anche se in pochi sapevano il suo nome, tutti in città lo conoscevano come il campanaro di San Marco.

Un giorno, proprio per il sue caratteristiche straordinarie, il direttore di un istituto scientifico di Venezia appassionato di anatomia gli propose un accordo. In cambio di una cifra esorbitante, chiedeva di poter possedere lo scheletro dell’uomo dopo la sua morte e il permesso di esporlo nella sua collezione.
Il campanaro accettò, convinto che lo studioso, ormai anziano, sarebbe morto prima di lui. Ottenuti i soldi, però, l’uomo iniziò a frequentare sempre più spesso osterie e bacari finché un giorno, per il troppo alcol, morì.
Poche settimane dopo, il professore ottenne il suo scheletro, gli pose una campanella in mano e lo rinchiuse in una teca di vetro all’interno del suo palazzo.

Dopo decenni, al Museo di Storia Naturale di Venezia, in sestiere Santa Croce, arrivò un’importante donazione anonima: tra i pezzi della collezione c’era anche lo scheletro del campanaro.
Secondo la leggenda, poco prima della mezzanotte, lo scheletro si risveglia, esce dalla sua teca e si avvia prima verso San Marco, per suonare i rintocchi che annunciano il nuovo giorno. Poi, dopo aver fatto il suo lavoro, chiede l’elemosina con la speranza di raccogliere i soldi per riacquistare il suo corpo venduto alla scienza.

Dove dormire a Venezia
Avendo sempre visitato Venezia in giornata non saprei indicarvi con esattezza un alloggio. Vi lascio però questa mappa* con tutte le offerte e le soluzioni aggiornate, sperando che riusciate a trovare quello che fa per voi.
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Le immagini sono state scattate con un iPhone 6s* e una Canon 1100D*. Per vedere le altre potete sfogliare il mio album su Flickr.
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