Il Rifugio Venezia da Zoppè di Cadore: trekking tra natura e briciole di storia

Raggiungere il Rifugio Venezia da Zoppè di Cadore: Un percorso anche per principianti tra natura, paesaggi mozzafiato e un po’ di storia locale.
Quando si pensa ai sentieri di montagna molte volte vengono in mente esperienze riservate a pochi, percorsi che per durata o difficoltà permettono solo ai veri appassionati e alle persone allenate di ammirare panorami splendidi.
In realtà non è così, per fortuna. Ci sono tantissimi rifugi a due passi dalle cime che sono accessibili quasi a tutti, basta saper scegliere la strada giusta, come nel caso del Rifugio Venezia o del Rifugio Città di Fiume, del quale vi ho già parlato.
I sentieri per il Rifugio Venezia
Ci sono diversi percorsi che portano al Rifugio Venezia: dal Passo Staulanza (circa 2 ore e mezza), da Palafavèra (circa 2 ore e un quarto), da Brusadàz (tra le 2 ore e mezza e le 3 ore), da San Vito di Cadore-Sèrdes (circa 3 ore e mezza), dalla malga Ciauta a Borca di Cadore (circa un’ora e un quarto) o da Vodo di Cadore-Forcella De Cuze (circa 2 ore e mezza).
I sentieri citati, divisi tra la Val di Zoldo e la Valle del Bóite, hanno tutti difficoltà e lunghezze differenti, ma quello più semplice parte da Zoppè di Cadore e inizia a pochi metri dalla malga Livan, leggermente più a nord rispetto al centro del paese.
Dallo stesso comune si può seguire anche un altro percorso, che però è molto più impegnativo a causa della pendenza non indifferente, quindi, se cercate quello adatto a tutti, assicuratevi di aver superato l’eliporto e raggiunto la malga prima di proseguire. In quest’area ci sono anche un paio di posti auto.

Il sentiero da Zoppè di Cadore
Lasciando la malga alle vostre spalle dovrete fare solo un paio di minuti prima di raggiungere l’ingresso del sentiero e della strada sterrata. Prima di arrivare, però, vi consiglio di fare due brevi soste che vi permetteranno di scoprire un po’ la storia di questo territorio.
Da una parte ci sono i carbonai di Zoppè, che tramandano un mestiere antichissimo e dei quali vi parlerò tra un paio di paragrafi, dall’altra gli alberi dedicati ai caduti della Prima Guerra Mondiale. Un piccolo segno, che passa quasi inosservato, in memoria di chi ha lasciato il paese per non tornare più.
Il sentiero che porta al Rifugio Venezia da Zoppè è percorribile in poco meno di due ore ed è una vera e propria camminata in mezzo al verde. Percorrendolo si superano prati, una piccola casa ancora oggi abitata e una abbandonata, cavalli al pascolo e, soprattutto, un bosco che a volte si apre per regalare dei suggestivi panorami sulla valle.
La pendenza è minima e aumenta leggermente solo verso la fine del percorso, dove la ghiaia lascia lo spazio alla roccia, ma non ci sono dei punti davvero pericolosi (anche se, ovviamente, bisogna sempre prestare la giusta attenzione).

Poco prima di arrivare al rifugio gli alberi si diradano e il Monte Pelmo compare in tutta la sua bellezza. Ve lo ritroverete davanti, un altissimo muro verso il cielo, e non potrete far altro che rimanere incantati con il naso all’insù. Personalmente credo sia il punto più bello di tutto il percorso.

Il Rifugio Venezia
Il Rifugio Venezia (1947 m s.l.m.) si trova proprio ai piedi del ghiaione sud orientale del Pelmo e si affaccia sul monte Cristallo, sulla Croda Marcora e sul monte Antelao. Quest’ultimo è anche chiamato il Re delle Dolomiti perché con i suoi 3264 metri è il secondo più alto dopo la Marmolada, la loro regina.
Il rifugio, che si trova nel comune di Vodo di Cadore, fu costruito nel 1892 e questo lo rende il primo italiano sulle Dolomiti e il secondo in assoluto dopo l’austriaco Dreizinnenhütte, il Rifugio Antonio Locatelli, ora italiano e inserito nel parco naturale Tre Cime di Lavaredo.
L’edificio che vediamo oggi, però, è il risultato della ricostruzione degli anni Cinquanta, perché la struttura originaria fu distrutta durante un rastrellamento tedesco nel 1944. Dopo la nuova apertura fu dedicato ad Alba Maria De Luca, deceduta nel 1947 mentre percorreva la vicina via Innerkofler-Eotvos.

Il Rifugio Venezia non è solo una delle tappe del percorso Anello del Pelmo, ma anche una di quelle inserite nelle Alte Vie delle Dolomiti numero 1 (dal Lago di Braies a Belluno) e numero 3 (da Villabassa, Bolzano, a Longarone, Belluno) ed è per questo che spesso è molto frequentato.
Il panorama è davvero splendido e, anche se il rifugio offre dei pasti caldi abbondanti, i prati a due passi dall’entrata invitano a fermarsi a fare un pic-nic mentre si ammirano le rocce bianche delle Dolomiti all’aria aperta. Se mai ci sarà una seconda volta, probabilmente arriverò in cima con i panini nello zaino.

I carbonai di Zoppè di Cadore
Poco prima di iniziare il sentiero che porta al Rifugio Venezia, incontrerete sulla vostra destra l’ultima carbonaia tradizionale (poiat) di Zoppè di Cadore, quella della “ial inte i alberch” (lo spiazzo tra gli alberi).
Quest’area del Cadore, come la vicina Val di Zoldo, era strettamente legata alla lavorazione del ferro e per questo tipo di attività era sì necessaria la forza dello scorrere dei torrenti, ma anche il carbone vegetale, un necessario alleato per la creazione di energia.

Le carbonaie più antiche sorsero dove oggi si trova il centro del paese ed erano regolamentate, ma dopo secoli di tradizioni tramandate e di attività, nel 1980 a Zoppè erano rimasti solo due uomini capaci di costruire il tradizionale poiat: i fratelli De Nadal.
Il professor Donato Maria Bortolot li convinse così a realizzarne uno nella ial inte i alberch per documentare l’evento dal taglio della legna alla cottura, passando per la costruzione del camino e la copertura con il manto di frasche. L’intero processo dura circa due settimane.
Le fotografie scattate e i numerosi documenti raccolti in tutta la zona, alcuni dei quali risalenti al 1500, hanno permesso di creare il Museo Etnografico di Zoppè di Cadore: uno spazio culturale dove scoprire tradizioni e storie di questo paese.
Oggi la carbonaia non è più attiva e viene utilizzata solo in occasioni speciali, come l’Incontro Internazionale dei Carbonai che c’è stato nel 2012, o l’incontro dell’agosto 2018. Nonostante questo, però, un pannello informativo vi mostrerà alcune foto d’epoca arricchite da delle didascalie in modo che possiate scoprire questo antico mestiere.

Tra i carbonai che ad agosto si sono dati appuntamento per ricreare il poiat c’era il signor Sagui, che mi ha raccontato la storia di questa attività secolare. Lui stesso, però, non sa quando accadrà di nuovo. Per maggiori informazioni vi consiglio di contattare il Museo Etnografico o di visitarlo; è aperto solo il sabato e la domenica.

Dove dormire in Cadore
Durante il mio ultimo viaggio in Cadore sono stata ospite dell’Hotel Fiori Dolomites Experience*, una struttura nel centro di San Vito di Cadore e rinomata per la sua ricchissima pasticceria. L’albergo ha spazi comuni e camere curati nei minimi dettagli, un’area wellness con sauna e bagno turco, ideale sia dopo una giornata di trekking che dopo una trascorsa sulle piste, e un personale incredibilmente gentile e attento.
L’hotel, inoltre, ogni mattina distribuisce agli ospiti un “giornalino” con, tra le varie informazioni, il meteo previsto per la giornata, un’escursione consigliata, l’aperitivo suggerito per l’happy hour e il drink del giorno per concludere la serata. A questo si aggiunge il servizio di “packet lunch”, che permette agli ospiti di ritirare il pranzo al sacco preparato dalla cucina prima di partire per un’escursione: l’ideale per i camminatori.
Siete mai stati al Rifugio Venezia? Quale percorso avete seguito? Conoscevate la storia dei carbonai? Se avete domande, dubbi o suggerimenti lasciate un commento!
Le immagini sono state scattate con un iPhone 6s* e una Canon 1100D*. Per vedere le altre potete sfogliare il mio album su Flickr.