Leggende di Venezia: storie e racconti della città lagunare

Leggende di Venezia: le storie e i racconti che si nascondono tra calli e canali della città. Tradizione e storia tra misteri, innamorati e mostri.

Venezia: città di racconti e di misteri. E tra i suoi campi e le sue calli ce ne sono davvero tantissimi. Ci sono storie d’amore, fantasmi, mostri, omicidi e Santi e ognuna ha casa in un determinato sestiere. O almeno quasi tutte.
Leggende di Venezia
In questo post ho raccolto le leggende di Venezia che riguardano ogni sua calle, quelle che non hanno un vero e proprio posticino sulla mappa, ma appartengono all’intera città lagunare.

La nascita della gondola
Narra la leggenda che una notte due fidanzati iniziarono a camminare tra le calli di Venezia alla ricerca di un luogo appartato dove trascorrere un po’ di tempo insieme. Dopo aver girovagato in lungo e in largo e dopo aver perso ogni speranza, la ragazza disse a voce alta «Se solo riuscissimo a trovare un posto solo per noi!».

La luna, che aveva osservato tutta la scena, decise di aiutarli, così scese fino a terra e disse loro «Salite, vi accompagno io in un posto appartato».
I due inizialmente si spaventarono, ma poi decisero di accettare l’offerta, così la luna si abbassò ancora di più, fino a toccare l’acqua, e, non appena lo fece, per il freddo la parte immersa diventò nera, ma il resto rimase d’argento e, come una nuovissima e straordinaria imbarcazione, scivolarono insieme lungo i canali e lontani da occhi indiscreti.

La drago della laguna e le gondole
Secondo la leggenda, nelle profondità della laguna viveva un drago molto simile a un gigantesco coccodrillo. Ogni volta che saliva in superficie non solo spaventava marinai e cittadini, ma soffiava sulla città una fittissima nebbia che impediva di vedere a pochi centimetri dal proprio naso.
Nessuno riusciva a capire come fermarlo e sconfiggerlo e in pochi si avventuravano con le imbarcazioni in acqua per paura di essere scaraventati in acqua e di perdere la propria barca o, peggio, uccisi.

Un giorno, però, alcuni gondolieri si ritrovarono a solcare le acque della laguna e non accadde nulla. Così, il giorno dopo, anche altre imbarcazioni si avventurarono al largo, ma furono distrutte dal drago. Bastò poco per capire che il segreto erano le gondole. Forse lo spaventavano, o forse lo calmavano, questo non si sa, ma ciò che è certo è che da quel giorno il via vai di queste tipiche barche veneziane non cessò mai e il drago scomparve.

Per scaramanzia e spaventati dal possibile ritorno del drago, i veneziani costruirono all’ingresso del Canal Grande la Chiesa di San Giorgio Maggiore, che secondo la tradizione cristiana era riuscito a sconfiggere il drago.
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Il nascondiglio del Santo Graal
Venezia è piena di orme templari, di simboli e luoghi sparsi per la città che ricordano l’antico Ordine. Non è strano, quindi, che alla città sia legato in qualche modo anche il Santo Graal.
Secondo le leggende, inizialmente era custodito all’interno del Trono di San Pietro, nella chiesa a lui dedicata nel sestiere Castello di Venezia, poi, però, fu spostato nella Chiesa di San Barnaba (in Dorsoduro), in una catacomba nascosta consacrata nel 1230 e dedicata a Santa Maria Maddalena.

Altri, invece, sostengono che il Graal sia arrivato in città poco prima dello scioglimento dell’Ordine dei Templari nel 1312 e che fu sotterrato insieme a un importante tesoro nell’Isola di San Giorgio in Alga, un piccolo fazzoletto di terra disabitato nel mezzo della Laguna.
Leggi anche: Leggende di Venezia: storie e racconti del sestiere Castello

Il bòcolo di San Marco
Il Doge Orso I Partecipazio, in carica dall’864 all’881, aveva una figlia di nome Maria che un giorno si innamorò di un giovane di nome Tancredi. Il ragazzo era di umili origini e il padre di lei non avrebbe mai permesso un matrimonio tra i due. Per questo motivo la ragazza suggerì a Tancredi di andare in guerra e di combattere contro i Turchi, distinguendosi sul campo di battaglia sarebbe sicuramente riuscito a ottenere l’approvazione del Doge. Così fece.

Battaglia dopo battaglia, il nome di Tancredi cominciò a girare di bocca in bocca, non si faceva altro che parlare di lui e della sua bravura e in poco tempo le voci giunsero a Venezia, all’orecchio di Orso I e di sua figlia.
Purtroppo, però, durante uno scontro il giovane fu ferito mortalmente e cadde in un roseto. Il suo amico e compagno Orlando lo raggiunse di corsa. Con le poche forze che gli erano rimaste in corpo, Tancredi staccò un bocciolo di rosa sporco del suo sangue, lo diede all’amico e gli chiese di darlo a Maria in segno del suo amore per lei.
Orlando tornò in città e consegnò il fiore alla ragazza raccontandole quanto accaduto. Il giorno dopo, il 25 aprile, Maria fu ritrovata morta di dolore sul suo letto, con il bocciolo di rosa sul petto.
È da qui che nasce la tradizione del bòcolo (bocciolo) di San Marco, patrono festeggiato proprio il 25 aprile. Secondo l’usanza, in quel giorno, ogni uomo o ragazzo veneziano deve regalare una rosa rossa alla sua amata, alla madre o alla figlia come pegno d’amore.
Leggi anche: Leggende del sestiere San Marco di Venezia: storie e racconti

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