Leggende di Firenze: misteri, storie, segreti e luoghi portafortuna

Leggende di Firenze: i misteri, le storie, i segreti e i luoghi portafortuna da non perdere e da scoprire durante un viaggio in città.
Firenze è una città un po’ magica, ricca di angoli affascinanti e un po’ misteriosi che aspettano solo di essere scoperti e osservati con attenzione per poter rivelare i propri segreti. In questo post condivido proprio alcuni luoghi della città che nascondono misteri, storie e leggende.
Leggende di Firenze: misteri, storie e segreti
Quando penso al capoluogo toscano, penso a una città-libro: un luogo con tante storie da raccontare e altrettante pagine da sfogliare scritte dal suo ricchissimo passato e dalla sua preziosissima arte.
Dopo avervi raccontato il mistero del cielo stellato all’interno della Basilica di San Lorenzo, per arricchire il vostro viaggio, ecco altri segreti, luoghi portafortuna e leggende di Firenze da non perdere e da conoscere se visitate la città.

Le pietre di Palazzo Pitti
Costruito nella seconda metà del Quattrocento per volere del banchiere Luca Pitti e poi trasformato nella residenza principale della famiglia Medici, Palazzo Pitti è uno degli edifici più noti di Firenze e oggi ospita un importante complesso museale che spazia dall’arte moderna alle porcellane.
La sua facciata imponente e austera racchiude anche un dettaglio che spesso sfugge agli occhi dei visitatori: al piano terra, tra la seconda e la terza apertura alla sinistra dell’ingresso principale, una delle pietre che compongono la parete è visibilmente più lunga delle altre. Secondo la leggenda, questo dettaglio fu voluto dallo stesso Luca Pitti, che in questo modo voleva rappresentare la sua superiorità rispetto a tutti gli altri banchieri di Firenze.

Gli arieti di Ponte di Santa Trinita
Non lontano da Palazzo Pitti e affacciato su Ponte Vecchio, il Ponte di Santa Trinita è uno dei ponti più importanti di Firenze e fu costruito, dopo la distruzione dell’omonimo ponte in legno, tra il 1567 e il 1571 su disegno di Michelangelo. Purtroppo, il 4 agosto 1944, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu abbattuto dai tedeschi, per poi essere ricostruito fedelmente negli anni Cinquanta.
A spiccare, sul ponte, sono oggi le due teste d’ariete bianche che si affacciano sull’Arno. Secondo la leggenda, le due sculture servirebbero a proteggere la città da due particolari minacce: le alluvioni che provengono da monte, da Ponte Vecchio, e le incursioni dal mare, in particolare quelle dei pisani, nemici storici dei fiorentini.

I leoni di Firenze
E a proposito di animali protettori, passeggiando per Firenze vi capiterà spesso di incontrare dei leoni. Se a Venezia e negli ex territori della Serenissima avvistarne uno (in pietra, si intende) è più che normale, in altre zone d’Italia non è così. Firenze, però, fa eccezione: qui, infatti, è facile incrociarli — in forma di statua, disegno, bassorilievo o dipinto —, molto spesso seduti e nell’atto di proteggere il giglio, simbolo fiorentino.
Più che di un generico leone si parla però di Marzocco, un vero e proprio animale totem per la città e adottato fin dal Medioevo. L’origine della sua diffusione è incerta: secondo alcuni il leone è legato alla tribù biblica di Giuda, del quale era simbolo; secondo altri, invece, sarebbe stato scelto per consolidare sempre di più il rapporto con il re di Scozia Guglielmo I, detto “il Leone” (1143-1214), con cui la città aveva un forte legame politico e commerciale.
Comunque sia, anche se oggi i leoni sono tutti opere d’arte, c’è stato un tempo in cui in città erano vivi e vegeti: nel Trecento, infatti, accanto a Palazzo Vecchio, la Signoria aveva un serraglio con una trentina di animali rinchiusi; oggi quella via si chiama via dei Leoni.

Il fantasma di Baldaccio d’Anghiari
Rimaniamo in Piazza della Signoria per un’altra delle leggende di Firenze: quella del fantasma di Baldo di Piero Bruni, anche noto come Baldaccio d’Anghiari, eroe di guerra nato intorno al 1400 e celebrato anche da Niccolò Machiavelli, che lo definì “uomo di guerra eccellentissimo, perché in quelli tempi non era alcuno in Italia che di virtù di corpo e d’animo lo superasse”.
Pare che nel 1441, dopo essere caduto in disgrazia, Baldaccio fu attirato con l’inganno a Palazzo Vecchio, pugnalato a morte da Bartolomeo Orlandini, gonfaloniere corrotto, e poi gettato da una delle finestre dell’edificio; come se non bastasse, fu infine decapitato in Piazza della Signoria. Secondo la leggenda, il suo fantasma si aggira ancora per le sale di Palazzo Vecchio in attesa che sia fatta giustizia.

Il “Porcellino” porta fortuna
Non distante da Palazzo Vecchio c’è Piazza del Mercato Nuovo con l’omonima Loggia, una struttura costruita tra il 1547 e il 1551 e ancora oggi luogo pieno di banchi di ogni tipo, con una particolare attenzione per la pelletteria.
Vera protagonista del luogo è però la Fontana del Porcellino (che in realtà raffigura un cinghiale), uno dei monumenti più noti di Firenze e uno dei luoghi portafortuna più famosi della città. Secondo la tradizione popolare, infatti, per attirare un po’ di buona sorte bisogna prima strofinare il naso dell’animale e poi posizionare una monetina nella sua bocca, sulla lingua: se la moneta, trasportata dall’acqua, cadendo supera la grata e finisce nella fessura, la fortuna è assicurata. Tentar non nuoce!

I dettagli del Battistero
Lasciando Piazza del mercato Nuovo e proseguendo lungo via dei Calzaiuoli si arriva in Piazza di San Giovanni e Piazza del Duomo, cuore di Firenze. È qui che incontra il Battistero, capolavoro realizzato in marmo bianco di Carrara e in marmo verde di Prato.
Il Battistero nasconde numerosi dettagli: sulla facciata verso via Roma, per esempio, c’è un bassorilievo di una battaglia navale che ha poco a che fare con gli altri elementi religiosi a decoro della struttura. Si tratterebbe infatti di un sarcofago romano inserito nella parete per ricordare le origini romane della città. Non solo, a questo si aggiunge il particolare rettangolo posto sulla colonna di destra rivolta su via Calzaiuoli: secondo la credenza popolare, si tratta dell’impronta del piede del re longobardo Liutprando, il Pes Liutprandi, che un tempo veniva usata come unità di misura.
Ultimo, ma forse il più curioso di tutti, l’aneddoto legato alle colonne in porfido che affiancano la Porta del Paradiso, affacciata sulla Basilica, e che spiccano per il particolare colore scuro. Secondo la leggenda, le due colonne furono donate dalla città di Pisa nel 1117 dopo che Firenze la difese e la aiutò contro gli attacchi dei Lucchesi e dei Saraceni. Usciti vincitori, i Pisani regalarono ai Fiorentini i due elementi architettonici, parte del bottino, ma prima di consegnarli li opacizzarono con il fuoco in modo da rovinarli: nonostante l’aiuto ricevuto, infatti, i Pisani continuavano a non vedere di buon occhio i vicini di casa. Pare che sia questa l’origine del detto “Fiorentini ciechi, Pisani traditori”.

Gli animali di Santa Maria del Fiore
Dopo gli arieti e i leoni, la città di Firenze custodisce altre due leggende legate a degli animali ed entrambe si possono scoprire osservando con attenzione le facciate della Basilica di Santa Maria del Fiore.
La prima è quella del leone posto sulla porta rivolta verso via Ricasoli. Secondo la leggenda, il fiorentino Anselmo Cornacchini, dopo aver avuto un incubo nel quale veniva mangiato da un leone, decise di scongiurare il cattivo presagio inserendo la mano nella bocca dell’animale di pietra. Sfortunatamente, però, al suo interno si era rifugiato uno scorpione velenoso che lo punse e lo uccise nel giro di poche ore.
La seconda è quella della testa del toro presente sul lato sinistro della Chiesa, appena prima dell’ampliamento dell’abside, in alto. Secondo una delle leggende di Firenze, pare che la scultura sia stata posizionata lì dal capomastro che si occupò della facciata per deridere il fornaio che abitava nella casa esattamente di fronte: si trattava di un modo per schernirlo come “cornuto”, visto che lo stesso capomastro pare avesse una relazione con la moglie del panettiere.
Anche se qui è molto piccolo, riuscite a intravedere l’animale nella foto senza spostare il cursore?


La “morte” di Ginevra degli Amieri
Secondo una leggenda, nel Trecento, a Firenze viveva tale Ginevra degli Amieri, una ricca e bella fiorentina che, innamorata di Antonio Rondinelli, fu invece obbligata dalla famiglia a sposare il facoltoso Francesco Agolanti.
Dopo il matrimonio, quando in città scoppiò la peste, la ragazza ne fu colpita e fu dichiarata morta. Il funerale si tenne nella chiesa di Santa Maria del Fiore e poi il suo corpo, com’era consuetudine all’epoca, fu esposto lì fino al mattino seguente. La morte della giovane era però apparente e quando nel mezzo della notte si svegliò all’improvviso, dopo aver capito l’accaduto, corse dal marito. Quando Francesco la vide, si spaventò e, pensando di aver visto un fantasma, la cacciò di casa; lo stesso fecero i suoi genitori. Non sapendo dove andare, Ginevra corse da Antonio, che ebbe una reazione opposta: felice di rivederla e di saperla sana e salva la accolse a braccia aperte.
Informate dell’accaduto, le autorità ecclesiastiche pensarono a un miracolo e, considerata la reazione del marito di lei, decisero di annullare le nozze e permisero alla giovane di sposare il suo amato.

La finestra sempre aperta di Palazzo Grifoni
A pochi passi da Piazza del Duomo ci sono Piazza della Santissima Annunziata e l’attuale Palazzo Budini Gattai, un tempo noto come Palazzo Grifoni, che pare sia infestato dal fantasma di una giovane donna.
Secondo la leggenda, la donna viveva nell’edificio con il suo amato marito, ma un giorno lui fu chiamato alle armi insieme agli altri nobili fiorentini. Al momento della partenza, lei si affacciò alla finestra della casa per salutarlo e lo guardò partire finché non sparì tra i palazzi. Da allora, la donna non si spostò mai dalla finestra, sempre aperta, e per mesi scrutò la piazza giorno e notte con la speranza di veder tornare il suo amato, che però non fece mai ritorno. L’attesa e la disperazione la portarono alla morte.
Quando, dopo il funerale della giovane, i suoi parenti si recarono in casa per sistemare l’abitazione, chiusero anche la famosa finestra, ma il gesto diede vita a strani fenomeni: oggetti che volavano, mobili che si muovevano, candele che si spegnevano senza apparente motivo. Per questo, i parenti decisero di riaprire la finestra, che ancora oggi rimane sempre aperta. Si tratta di quella del primo piano, verso l’angolo che unisce il palazzo alla Loggia dei Servi di Maria (non è visibile in foto).

Le api che non si possono contare
Anche l’ultimo dei misteri e delle leggende di Firenze è legato a Piazza della Santissima Annunziata e, più precisamente, al piedistallo della statua equestre di Ferdinando I de’ Medici, decorato con uno sciame d’api disposte in cerchi concentrici intorno all’ape regina. Secondo la tradizione, gli animali rappresenterebbero il Granducato di Toscana (e la figura dello stesso Ferdinando) e i Fiorentini, fedeli e laboriosi.
L’aspetto più curioso di questa particolare decorazione è che pare che, trovandosi sul posto (dettaglio importantissimo), sia impossibile contare le api senza toccarle o indicarle: tutta colpa dei cerchi concentrici e delle figure molto simili, che fanno perdere il conto. Chi ci riesce, secondo la leggenda, sarà travolto dalla fortuna.

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Le immagini sono state scattate con una Canon 1100D* e un iPhone 6s*. Per vedere le altre potete sfogliare il mio album su Flickr.
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