Il Carso: geologia, storia e curiosità tra pietre e mare

Il Carso: “pietraia” a confine tra Italia e Slovenia. Un viaggio alla scoperta di questa terra, pillole di storia e alcune curiosità per approfondire la visita.

Il Carso è una terra divisa da confini segnati sulle mappe, una di quelle martoriate dalla storia, ma sempre in piedi, nelle quali vivono popoli e famiglie che hanno passati e provenienze diverse. In Italia si divide tra le province di Trieste e Gorizia, al confine orientale del Paese, e, in qualche modo, è un mondo a sé.
Ho avuto la fortuna di scoprilo accompagnata da persone che lo vivono ogni giorno, che lavorano per rivalorizzarlo e dagli una voce. Vi porto tra i suoi sentieri, i suoi alberi e le sue rocce.

Il Carso: terra di pietra e di acqua
Il Carso è un altopiano composto da rocce calcaree e si estende dall’Italia alla Croazia passando per la Slovenia. La fragilità delle sue pietre ha fatto sì che l’acqua, la pioggia in particolare, riuscisse a modellarlo nel corso dei secoli creando i cosiddetti “fenomeni carsici”.
Ci sono le doline (conche chiuse), ma anche grotte (come quella Gigante e le Grotte di Postumia), inghiottitoi nei quali penetra l’acqua e fratture e scanalature delle rocce, solo per citarne alcuni.

Il carsismo deve il suo nome proprio a questa zona, perché è qui che il fenomeno è stato studiato per la prima volta. Per essere più precisi, avvenne all’interno del Parco delle Grotte di Škocjan, San Canziano in italiano, che si trovano in Slovenia, a poco meno di trenta chilometri da Trieste, e sono l’unico sito Patrimonio UNESCO del Paese.
Carso, Carinzia, Carniola, Carnia. Tutte parole che condividono una radice indoeuropea, kar: pietra. Secoli di guerre e invasioni per conquistare una pietraia.
Luigi Nacci, Trieste selvatica

Proprio per la sua natura, gli abitanti del Carso hanno dovuto adattarsi e imparare a sfruttare il materiale con il quale è fatta la loro terra, la pietra, anche se, in alcuni casi, viene loro incontro, come quando servono cantine fresche per conservare il vino e la roccia accoglie bottiglie e botti senza bisogno di condizionatori.
Pietra per tirare su i muri, lastre di pietra per i tetti, pietra per il grande focolare attorno al quale riunirsi e pietra per i portali sui quali venivano scalpellati i nomi degli sposi, pietra per il pozzo.
Luigi Nacci, Trieste selvatica

È una terra di pietra, un altopiano che secoli fa era coperto di foreste di rovere e di querce e che, a causa della pastorizia e della bora, è piano piano diventato una “pietraia”. Un’area colpita duramente dalla guerra, piena di segreti e di cose da scoprire, ma anche di meraviglie, come il Sentiero Rilke.

Alcune curiosità sul Carso
Durante il mio viaggio in Carso ho raccolto alcune chicche sul territorio, informazioni e racconti che mi hanno permesso di approfondire la mia visita. Ecco cinque curiosità per scoprire qualcosa in più su questa terra prima di arrivare a destinazione.
La lingua
Il Carso è un luogo affascinante dal punto di vista linguistico. Italiano, sloveno, dialetto giuliano: le persone danzano tra una lingua e l’altra, le mescolano e le amalgamano. Fateci caso.
Così funziona da queste parti: si cambia codice come si cambiano le scarpe, si scivola inavvertitamente da un suono all’altro, si scivola molto, si cade, ma quando accade nel corso di una conversazione non gli si dà molto peso.
Luigi Nacci, Trieste selvatica

La sala naturale più grande del mondo
La Grotta Gigante (Briška jama, in sloveno), nel Carso triestino, è una delle più importanti d’Italia e uno dei luoghi più visitati di tutta la zona.
Al suo interno c’è la sala naturale più grande al mondo: è alta 114 metri, lunga 280 e larga più di 76. Un record invidiabile che è stato ufficializzato nel 1995 dal Guinness World Record.

Le osmize
Una delle esperienze più particolari e tradizionali del Carso è andare a caccia di osmize: case di contadini nelle quali si possono assaggiare tutti prodotti realizzati dal proprietario, in particolare affettati, formaggi e vino. Non sono ristoranti o locali, ma vere e proprie abitazioni che ogni tanto aprono al pubblico.
Il termine osmiza deriva dallo sloveno osem (“otto” in italiano), perché, dal decreto asburgico del 1784, le case potevano essere aperte al pubblico solo per otto giorni l’anno. L’usanza, però, è ben più antica e pare risalga addirittura all’epoca di Carlo Magno, quando in tutta la zona venne permesso ai contadini di aprire le porte delle loro case (segnalandole con una frasca d’edera) e vendere i propri prodotti.

Ancora oggi, per segnalare un’osmiza aperta, si utilizza una frasca ed è proprio da qui che nasce anche il modo di dire triestino “andar per frasche”.
Oggi, con la tecnologia, è tutto molto più semplice. Sul sito Osmize.com ci sono le date di apertura e le località coinvolte, anche se è molto meglio raggiungere il Carso e girarlo in lungo e in largo per trovare quelle aperte. Una bella caccia al tesoro.

La visione di Ungaretti
Il Carso ha visto tantissimi poeti e scrittori calpestare i suoi sentieri. Uno di questi fu Ungaretti, soldato sui monti San Michele e San Martino, e proprio a questo territorio è collegata una delle sue poesie più famose.
La mattina del 10 agosto 1916, giunto sulla cima del Monte San Michele appena conquistato, di fronte a lui si aprì il mare e in quel momento nacquero due tra i versi più noti della poesia italiana.
M’illumino
Giuseppe Ungaretti
d’immenso.

La leggenda della nascita del Carso
Secondo un’antica leggenda della zona, il Carso nacque come un’area verdissima, con acque fresche e terra fertile. Il diavolo, però, per fare un dispetto a Dio, vi rovesciò sopra un intero sacco di pietre coprendo ogni cosa.
Altre versioni raccontano invece che, quando Dio ebbe finito di creare il mondo si accorse di aver lasciato troppe pietre sparse in giro, così le raccolse all’interno di un sacco e incaricò l’Arcangelo Gabriele di gettarlo in mare. Mentre volava sopra il Carso, però, incuriosito dal contenuto, l’angelo aprì il sacco e tutti i sassi caddero trasformando per sempre l’intera zona.

Il Geoparco del Carso
Da oltre un anno in Carso è in corso un percorso di valorizzazione del territorio che vede tra i protagonisti GAL Carso (LAS Kras, in sloveno). Lo scopo finale è quello di riuscire a trasformare questa zona in un vero e proprio geoparco riconosciuto dall’UNESCO e valorizzarne la geodiversità.
Ad oggi sono stati individuati 230 siti di interesse geologico e storico (50 dei quali in Italia), sono state coinvolte 17 municipalità (12 in Italia e 5 in Slovenia) e 30 attori locali che lavorano ogni giorno sul territorio. Tutti insieme lavorano per un Carso unito e geosostenibile.
In Kras rinasci, a patto che tu sia disposto a perderti.
Luigi Nacci, Trieste selvatica

Dove dormire in provincia di Trieste

Durante il mio viaggio nel Carso sono stata ospite dell’Agriturismo Juna*, nel cuore di Aurisina, non distante da Duino e da Trieste.
La camera era molto spaziosa e pulita, silenziosa e il letto comodissimo. A colazione vengono offerti prodotti del territorio, alcuni freschissimi, come le torte preparate dalla proprietaria Maddalena che, insieme al marito Walter, gestisce la struttura, entrambi gentilissimi e accoglienti.

Media
Le immagini sono state scattate con una Canon 1100D* e un iPhone 6s*. Per vedere le altre potete sfogliare il mio album su Flickr.
Le citazioni sono tratte dal libro Trieste selvatica* scritto da Luigi Nacci. Ringrazio GAL Carso che mi ha dato la possibilità di scoprire qualcosa in più su Trieste e su tutto il Carso e che mi ha regalato il volume.